Presentazione ed esegesi dello stemma di S.E. Mons. Flavio Pace
Arcivescovo titolare di Dolia
Lo stemma episcopale basato sulle regole e i simboli dell’araldica è un “linguaggio visivo” per comunicare attraverso immagini e segni, identità o messaggi ideali. Ogni nuovo vescovo, nel solco di una radicata tradizione iconografica e simbolica della Chiesa, provvede anche alla creazione di un proprio stemma che oggi si può intendere come un mezzo iconografico a cui affidare un proprio messaggio ideale per esprimere aspetti della propria vocazione o indirizzi del proprio ministero, e, nel contempo, essere un “segno personale” per il necessario suggello di atti amministrativi o documenti pastorali che la funzione vescovile richiede.
Nello stemma adottato da Mons. Flavio Pace come Arcivescovo titolare di Dolia, troviamo anzitutto il simbolo della roccia: essa evoca anzitutto la Roccia che è Cristo, la pietra che i costruttori hanno scartato ma è diventata pietra d’angolo, dalla quale è sgorgata l’acqua della salvezza, preannunciata in figura nell’Esodo quando Mosè fece scaturire una sorgente battendo la roccia. Stretti a Cristo, i credenti diventano pietre vive per costruire un edificio secondo lo Spirito.
Al centro sta la civetta nimbata: il simbolo classico della sapienza ha trovato accoglienza nella riflessione cristiana leggendo in esso un riferimento a Cristo. Egli infatti nella notte della Passione ha vegliato “sono come la civetta del deserto… resto a vegliare” (Sal 102); la civetta può vedere nella notte più buia perché i suoi occhi possiedono una forza luminosa che dissolve per lei le tenebre. Nella notte oscura, Cristo ha continuato a vedere abbandonandosi al Padre il quale ha risposto il mattino di Pasqua, facendo trionfare la Vita: per questo nel preconio della tradizione romana si canta et nox sicut dies illuminabitur, facendo eco al salmo 139 “per te la notte è chiara come il giorno”. Nelle tenebre di oggi, per le violenze e le guerre, aggravate dalla divisione tra i cristiani, bisogna recuperare lo sguardo di Cristo per saper scorgere nuove strade di riconciliazione e comunione, simboleggiate dal ramo di ulivo che la civetta tiene salda e offre ai credenti: “vi lascio la pace, vi do la mia pace” (Gv 20); “Egli infatti è la nostra pace” (Ef 2, 14). Infine la luna, come è rappresentata nell’antico stemma del comune di Monza, città di origine del nuovo vescovo: oltre al riferimento geografico, essa evoca anche il mysterium lunae con il quale i Padri amavano definire la Chiesa, in particolare Sant’Ambrogio: “Veramente come la luna è la Chiesa: […] rifulge non della propria luce, ma di quella di Cristo. Trae il proprio splendore dal Sole di giustizia, così che può dire: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Exameron, IV, 8, 32).
Infine il motto scelto dal neo vescovo, attinge all’inno di Sant’Ambrogio Deus creator omnium. Esso si conclude con la supplica rivolta alla Trinità che la traduzione italiana rende come Riscalda del tuo amore chi ti implora. L’espressione divenne cara a Santa Monica, che la ripeteva spesso al figlio Agostino, come egli stesso ricorda nel De Beata Vita. Il campo semantico in realtà dilata orizzonti ampi: fovere indica la protezione, il calore, che ha la sua radice nel “covare” perché l’uovo faccia schiudere la nuova vita. Tale immagine, in contesto semitico, pertanto più vicino alla sorgente biblica, ricorre nell’espressione della Genesi (Lo Spirito “cova” sulle acque…) e anche nella tradizione siriaca, dove la radice ܪܚܦ raḥeph (che traduce anche il latino fovere) indica nei testi, tra l’altro, l’agitare delle ali, sorvolare, ed anche covare riscaldare per dare la vita nuova, e il gesto con cui viene consacrato il nuovo vescovo. Il motto pertanto esprime anzitutto il desiderio di stare insieme dinanzi al mistero della Trinità d’amore elevando la supplica affinch+ sia esso a generare in noi ogni giorno la vita divina, per poter vivere in modo autentico il nostro essere fratelli e sorelle in Cristo.
L’ideazione dell’insegna e il suo disegno artistico si devono all’araldista Marco Foppoli (AIH) – già allievo del compianto araldista papale l’Arcivescovo e Nunzio Bruno B. Heim – che ha redatto anche la consueta blasonatura, ovvero la descrizione tecnica dello stemma, che si riporta qui di seguito.
Stemma di Mons. Flavio Pace, Arcivescovo titolare di Dolia: d’azzurro alla civetta d’oro, nimbata dello stesso, impugnante un ramo d’ulivo di verde e posata sulla roccia d’argento fondata in punta da cui sgorga un rivo ondoso d’azzurro discendente verso il basso; il tutto accompagnato nel cantone sinistro da una luna di rosso con al mento un crescente montante d’argento.
Motto: Fove precantes Trinitas. Lo scudo è distinto dagli usuali contrassegni arcivescovili, ovvero accollato alla croce astile d’oro a due braccia e sormontato dal galero con 20 fiocchi verdi.